Sinossi dei racconti della Passione |
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© I racconti della Passione 2002 Traduzione dal greco in sardo logudorese di Socrate Seu. Consulenza esegetica di Antonio Pinna |
l'accento delle parole, ove non indicato, cade sulla penultima vocale |
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(1) Il complotto : Mt 26,1-5 Mc 14,1-2 Lc 22,1-2 [Gv] | ||||
Mt 26,1-5 | Mc 14,1-2 | Lc 22,1-2 | [Gv 11,55; 11,47-53] | |
26,1 Candho apèit agabbadu totu custos arrèjonos, Gesùs nerzèit a sos dischentes suos: 26,2 "Ischides |
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chi |
14,1 |
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est | [bi cheriat: lett: era... dopo...] fiat [?] |
22,1
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(sa festa 'e) |
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sos Panes àtzimos, | ||||
sa Pasca | sa Pasca | |||
e-i su Fizu 'e s'Omine est intregadu pro esser crutzificadu". | ||||
e de sos Panes àtzimos | ||||
26,3 Sos satzerdotes mazores, tandho, | e-i sos satzerdotes mazores | 22,2 e-i sos satzerdotes mazores | ||
e-i sos Òmines de sa Lge | e-i sos Òmines de sa lege | |||
e-i sos antzianos de su pòpulu | ||||
si reunèin in su palatu de Su prus in altu 'e sos Satzerdotes Mazores, chi si naraìat Càifa, |
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26,4 e fatèin unu cunsizu | chircaìan | chircaìan | ||
pro | comente | sa manera | ||
arrestare a Gesùs | l'aèren pòtidu leare | |||
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a traitorìa |
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e lu 'ochire. | e 'ochire; | de che lu leare dae 'ia; | ||
26,5 Naraìan pero: | 14, 2 difatis naraìan : | difatis | ||
"No [mè] in mesu 'e sa festa, |
" in mesu 'e sa festa, |
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chi no sutzedat [genetai] abbolotu mannu |
chi no b’àpat [estai] abbolotu mannu |
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in su pòpulu. |
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su pòpulu. | ||
NoteÈ vero che in genere le traduzioni omettono l'espressione formulaica semitizzante kai egeneto "e avvenne" (Boismard: et il arriva; BJer Et il advint, quand...); TOB "Or, quand...". Se si dovesse tradurre in sardo, si potrebbe usare qualche espressione che si usa nel narrare per collegare un proseguimento degli avvenimenti.
Mc 14, 1 Bi cherìat duas dies : Metà dùo emèras nSeu: In sede di omologazione, si potrebbe impiegare sia per Mt che per Mc una delle due espressioni: “ pustis de duas dies” (più aderente al greco), “passadas duas dies” (più in linea con le mie abitudini linguistiche). La difficoltà, rispetto all’unica esspressione greca, è data dall’ angolazione diversa dal punto di vista temporale, cui corrisponde il diverso tempo verbale. CEI 97: “Voi sapete che fra due giorni è la festa della Pasqua”, per Mt; “Mancavano due giorni alla festa della Pasqua”, per Mc. D’altro canto, l’espressione “bi cheret duas dies a” o quella equivalente “bi mancat duas dies a”, anch’essa dell’uso comune ma meno autenticamente sarda della prima, utilizzabili per Mt, avrebbero bisogno del mutamento del tempo verbale se usate per Mc (rispettivamente: “cherìat” e “mancaìat”), e quindi sarebbero frustrate le esigenze dell’omologazione. “Pustis” veniva usato ormai a Ozieri soprattutto in espressioni cristallizzate del tipo “pustis cras” (= “dopodomani”), ma all’it. “dopo di” e “dopo che” corrispondevano, rispettivamente, “daibòi de” e “daibòi chi” (l’avverbio, pesantemente insidiato in tempi più recenti dall’ital. “poi”, anche in espressioni del tipo “poi de”, “poi chi”, non figura nel Dizionario di Puddu, che registra invece “addabòi”, mentre all’espressione “pustis chenadu”, = “dopo cena”, da lui riportata corrispondeva a Ozieri “dai chenadu”. Tutto considerato, mi sembra che le due espressioni proposte per la traduzione siano sufficientemente “neutre” per essere validamente usate.nAP: Forse qualche difficoltà viene smussata se si traduce più direttamente il greco di Mc: "Era dunque la pasqua e gli azzimi dopo due giorni".
Lc 22,01
Fit acurtzu
Ènghizen
Mt 26,02 est : Ghìnetai / en Si potrebbe differenziare, nella traduzione, usando rispettivamente “benit”, pres. di “bènnere” (= “venire”) e “fit” , impf. di “èssere”, ma tenuto conto del fatto che i due verbi greci sono pressochè sinonimi, almeno per quanto è dato di sapere a me, forse è preferibile riservare “bènnere” per la traduz. di altri verbi che hanno più specificamente il senso di “venire”).
Mt 26,02 par (sa festa 'e)
tò pàscha
Mc
14,01 e (de) sos Panes àtzimos kaì tà àzuma
Lc 22,01 nada sa " Pasca ". è legomène pascha E se traducessimo qui , dopo “sa festa de sos Panes àtzimos”, “sa chi li naraìan Pascha”? Otterremmo una maggiore aderenza all’uso sardo rispetto a “nada”, mentre d’altro canto, qui coerentemente con il greco, non useremmo l’articolo perché è comunque chiaro che si tratta di una festa, inquanto viene detto esplicitamente, e di una festa diversa dalla nostra Pasqua, come appare da tutto il contesto.
Mt 26,03 su prus in altu 'e sos satzerdotes mazores Mt 26,3 / Mc 14,1 / Lc 22,2: archierèis (sing. archierèus; genit.archierèos): “satzerdotes mazores” / “su prus in altu de sos satzerdotes mazores” nSeu: I tre evangelisti usano per i gran sacerdoti lo stesso vocabolo che viene usato anche per il sommo sacerdote Caifa. Nella Vulgata Clementina si trova per Matteo e Luca “princeps/principes sacerdotum”, riferito sia a Caifa che agli altri gran sacerdoti; per Marco si ha“summi sacerdotes”. Tuttavia, l’unico termine greco non può essere tradotto allo stesso modo in tutti i casi, neppure all’interno di un unico evangelista. In sede di traduzione si pone infatti il problema di differenziare la posizione di Caifa, capo supremo dei sacerdoti, da quella degli altri gran sacerdoti. CEI 97 e ABU, che traducono “capi dei sacerdoti”, riservano a Caifa il titolo di “sommo sacerdote”; Rusconi (Vocabolario del Greco del N.T.) traduce: “capo dei sacerdoti”, “sommo pontefice”; Buzzetti (Dizionario base del N.T.) traduce: “sommo sacerdote”; plur., a volte “capi dei sacerdoti” . Relativamente al sardo, variante logudorese, ho escluso l’impiego del termine “preìderu” per “sacerdote” inquanto troppo legato alla figura del sacerdote cristiano (“unu preìderu catòlicu”, “unu preìderu protestante”, ecc.) ed ho optato per “satzerdote”, termine neolatino che pure esiste e viene usato, sia pure con frequenza molto minore rispetto al primo, per dare maggiore enfasi o riferirsi soprattutto alla funzione. Durante gli incontri settimanali all’interno del Corso di traduzione etc., si è esclusa l’opportunità di usare l’agg. “mannu” per qualificare il sost. “predi/satzerdote”, inquanto ritenuto non univoco, e ci si è orientati verso “maiori/mazore”: E’ inoltre parsa inadatta l’espressione “capus de is predis/capos de sos satzerdotes”. Per indicare la carica di Caifa avrei potuto far ricorso all’espressione “summu satzerdote” (l’agg. “summu” è registrato sia da Spano che da Puddu, Casciu per la variante campid. ed Espa, il quale registra anche “sumu”, fornendo esempi dell’uso dell’agg. in posizione sia anteriore che posteriore rispetto al sostant.). Ho preferito esplicitare, per ragioni di chiarezza (semprechè sia riuscito nell’intento) mediante la circonlocuzione “su prus in altu de sos satzerdotes mazores” (Puddu dà di “summu” la seg. definizione: “chi est de su gradu prus altu”).
Mc 14,01 e-i sos òmines de sa lege Mc 14,1 / Lc 22,1: grammatèis: “ominis de lei / òmines de sa lege »Rusconi (Vocabolario cit.) traduce il termine greco grammatèus con “scriba: giudeo conoscitore della legge”. Buzzetti (Dizionario cit.) lo traduce: “scriba, maestro della legge giudaica”. Durante gli incontri del Corso di traduzione etc., ragioni di comprensibilità hanno sconsigliato l’uso nella traduzione in lingua sarda di “scribas/iscribas”, ottenuto con la sardizzazione, operata “di peso”, del termine “scribi” solitamente usato nelle traduzioni italiane (compresa CEI 97, mentre ABU traduce “maestri della legge”). Ci si è orientati verso “òminis de lei”, già presente, per quanto riguarda la variante campidanese, nella traduzione Ghiani. Io ho preferito introdurre l’articolo, “òmines de sa lege”, per evitare che diversamente si potesse interpretare l’espressione come riferita a “ uomini di legge” nel senso di “persone che esercitavano professioni forensi”. Non sono tuttavia certo che con l’articolo da me introdotto l’espressione non venga intesa come riferita a “gendarmi” e simili. In ogni caso, ritengo preferibile modificare l’iniziale di “lege” in maiuscola, “sa Lege”, per evidenziare che si tratta di quella particolare legge, nella specie la legge ebraica, la “Torah”. Se si preferisce sottolineare l’aspetto negativo, si può modificare in “fatèin unu cumplotu”. Mt 26,4: dòlo (“cun calchi trampa”) – Mc 14,1; en dòlo (“a traitorìa”) Dòlos viene solitamente tradotto in italiano dai Dizionari del greco del N.T. con “inganno”, “dolo”, “frode”, “menzogna”. Per quanto riguarda i vocaboli sardo-logudoresi che rientrano nell’area semantica del greco dòlos: Espa registra: “trampa”, con i significati di “macchinazione”, “trama”, “astuzia”, “trappola”; “ingannu”, con i significati di “inganno”, “insidia”, “raggiro”, “seduzione”, “illusione”; “dolu”, con il significato di “frode”, “inganno” (ma anche con l’altro significato, che ritengo molto più frequente e diffuso, di “pena”, “affanno”, “duolo”, “pietà”, “lutto”; “trassa”, con il significato di “inganno”, “insidia”, “malizia”, “sotterfugio”; Pittau registra “ingannìa” (“inganno”, “raggiro”), “ingannu”, “trampa” (“trappola”, “imbroglio”, “inganno”), “trassa” (“tranello”, “astuzia”), “ingannìa”; Puddu registra tutti i vocaboli fin qui elencati, ma “dolu” soltanto nel significato di “pietà”, “afflizione”; Spano registra anch’egli tutti i vocaboli fin qui elencati, compreso “dolu” in entrambi i significati. Quanto alla fraseologia: Espa: “l’hat picau in trampas”, “campare chin trassas de cada zenìa”; Pittau: “piccare a trampas”, “tenner a trassa” (= “catturare di astuzia”); Puddu: “leare/picare unu in trampa”, “fagher una trassa a unu” (=”leàrelu in trampa”). Fra i vocaboli riportati, a me pare che in “trampa” sia più accentuato il significato di “tranello”, mentre in “trassa” è più evidente quello di “astuzia”. E non sono neppure certo che quest’ultimo vocabolo risulterebbe adatto quanto a registro. Restano le espressioni “a traitorìa / a traitorìnu”, che i dizionari registrano con il significato di “a tradimento / proditoriamente / ingannevolmente”. Il termine “traitorìa” viene infatti generalmente tradotto con “tradimento / perfidia”, ma mi sembra che alla locuzione “a traitorìa” si possa tranquillamente attribuire anche il significato di “con inganno” (Puddu spiega: “su fagher ingannu a unu”). Se mi sono diffuso è perché sull’argomento si è discusso in sede di Corso etc. Tutto considerato, propendo per l’uso di quest’ultima locuzione e quindi per la soluzione adottata nella traduzione sardo-campidanese di Ghiani. Mt 26,3 – Mc 14,1 : kratèsosin: „arrestare / leare” Omologherei come segue, approfittandone per adeguare la struttura della frase: Mt: “pro leare a traitorìa e bochire a Gesùs”; Mc: “comente lu ‘ochire leèndhelu a traitorìa” (mi sembrerebbe pesante l’espressione “comente lu ‘ochire pustis de l’àer leadu a traitorìa”, qualora la si volesse usare per una maggiore aderenza al greco). A “leare” si potrebbe sostituire “arrestare”, semprechè però il verbo greco abbia identico significato anche negli altri contesti.
Mt 26,05 "No [mè] in mesu 'e sa festa Mt 26,5 – Mc 14,2: mè / mèpote: “No in mesu ‘e sa festa” (oppure: “in sa festa”)In realtà, la negazione ha forma diversa nei due evangelisti. Modificherei come segue: mè = “no”; mèpote = “de peruna manera”. Mt 26,5 – Mc 14,2: ghènetai / èstai: “no ndhe nascat… / no sutzedat…” Tenuto conto del significato dei verbi e nello stesso tempo volendo mantenere la loro differenziazione, modificherei come segue: Mt: “chi no ndhe nascat”, oppure “chi no si ndhe peset”, o anche, in previsione dell’uso in altri contesti, “chi no sutzedat”; Mc: “chi no b’àpat”. Lc 22,2: efobùnto: “aìan timòria de su pòpulu” Modificherei in “timìan su pòpulu”, ottenendo così una maggiore aderenza al testo greco.
Mt 26,5– Mc 14,2: en tò laò / tù laù : « in su pòpulu
» Mt 26,05 – Mc 14,02: thòrybos : “abbolotu mannu” Il vocabolo significa: “confusione /trambusto / tumulto / rivolta / sommossa”. Il sardo dispone principalmente dei seguenti termini: “abbolotu/avolotu”, “trìulu/trèulu”, “rebbellione/rebellioni”, e inoltre: “rebbellìa”, “ammutighinada”, “tumultu”, più altri meno diffusi. In sede di traduzione, la scelta è determinata dall’intenzione di privilegiare il significato di “ribellione” o quello di “scompiglio”. Personalmente, propendo per “abbolotu”, soprattutto se rinforzato da “mannu” (in greco, peraltro, nessun aggettivo qualifica thòrybos, ma si può intendere forse, in questo caso, la coppia sost. + agg: come un tutt’uno), avendo “abbolotu” un significato abbastanza esteso e in definitiva polivalente. |