Mt
26,08: mathetài: “sos dischentes“
La traduzione di questo vocabolo
richiede un discorso un po’ articolato. Mathetès (sing. di mathetài)
= “discepolo”, “seguace”. In ital.: “discepolo”
= “chi segue l’insegnamento di qualcuno che riconosce come maestro,
direttamente o attraverso le sue opere; “i discepoli di Cristo” o
“i Discepoli” = “gli apostoli e gli altri seguaci che
lo conobbero durante la sua vita terrena”. “Seguace” = chi
segue e sostiene una dottrina, una scuola, un maestro” [Le definizioni
sono del Dizion. Ital. Garzanti]. Il sardo “dischente” equivale
all’ital. “discente” (= “chi impara”, “alunno”,
“allievo”), contrapposto a sua volta a “docente” (= “che
insegna”). I due vocaboli “discente” e “discepolo”
ricalcano i latini “discens” e
“discipulus”, i quali, a loro volta, discendono evidentemente
entrambi dal verbo latino “discere”
(= “imparare). Entrambi implicano quindi l’idea di “apprendimento”, ma
in “discepolo” è indubbiamente contenuta anche l’idea di “adozione
di principi” o “professione di una fede”. In sardo il termine “discìpulu”
esiste (insieme con le
varianti “dissìbbulu” e “dissìpulu”),
parallelamente all’ital. “discepolo” (oltre che allo spagn. “discìpulo”,
al portoghese “discìpulo”, al franc. “disciple”,
all’ingl. “disciple”, tutti vocaboli presenti nelle rispettive
traduzioni del passo in argomento). Il termine sardo viene definito da Puddu:
“chie est imparendhe ifatu de unu mastru”; “dischente”
viene definito: “chie est ifatu de unu mastru traballendhe e
imparendhe un’arte o mestieri” (durante i miei anni giovanili i
mestieri artigiani venivano indicati dagli “addetti ai lavori” come “facultades”).
Vi sono poi alcuni termini il cui uso si è standardizzato per determinati
campi, in particolare quello religioso. Così: “su Bambinu”
per indicare “Gesù Bambino” (mentre lo stesso termine non può indicare “il
bambino” in generale); “resuscitare”, su cui nell’uso
comune prevale “torrare a bida”, ma che viene impiegato quasi
esclusivamente quando si tratta della risurrezione di Cristo. Così anche “discìpulu”,
che ho incontrato varie volte in traduzioni sarde dei testi sacri. Casciu (“Vocabulariu
Sardu Campidanesu – Italianu”) registra il vocabolo,
dandone la seguente traduzione: “discepolo”; “allievo”; e
fornendo proprio il seguente esempio: “is discipulus de Cristus”
= “i discepoli di Cristo”. Per tutte queste ragioni, mi
sembrava di non dover avere dubbi circa la traducibilità di mathetài con
“discìpulos”.
Tuttavia, durante gli incontri settimanali nell’ambito del Corso di Traduzione
etc., sono emerse perplessità circa l’opportunità di una tale traduzione, in
considerazione del fatto che in alcune aree della Sardegna il termine “discìpulu”
ha assunto anche un significato negativo, testimoniato anche da Puddu nel
suo “Ditzionariu”, quello di “unu chi no si cumportat
a dovere”, con l’esempio: “cussu est unu dissìbbulu, no
istat mai frimmu”. Lo stesso Puddu traduce infatti in italiano
questo vocabolo, oltre che con “discepolo”, anche con “diavoletto”,
“spiritello”. D’altro canto, nella mia esperienza personale diretta, “dischente”
era il ragazzo messo a bottega presso un artigiano (un sarto, un falegname,
un calzolaio, un lattoniere, etc.) per apprendere il mestiere, quindi parte di
un rapporto di apprendistato (l’altra parte era rappresentata da “su
mastru”: “su mastru ‘e pannu” - a Ozieri, “su draperi” - ; “su
mastru ‘e linna” - a
Ozieri, “su mastruascia” - ; etc. Di “dischente” Puddu
fornisce coerentemente la seg. traduzione: “discente”, “apprendista”,
“allievo”. Una figura, quindi, ben diversa da quella dei discepoli di
Gesù. Quest’ultimo vocabolo è parso tuttavia il meno “indolore” nel
corso dei predetti incontri. Personalmente, la soluzione non mi lascia tuttavia
del tutto soddisfatto. La mantengo, comunque, almeno per il momento, in difetto
di una soluzione che risulti idonea per tutti.